"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 31 agosto 2007

Crisi mutui, Bush annuncia interventi

famiglia americana per articolo crisi mutui (Dallas-News)

Dalla Casa Bianca nuove norme per le famiglie per evitare altre insolvenze
Il presidente della Federal reserve, Bernanke: "Se necessario interverremo ancora"

La Fed: "Perdite oltre le stime peggiori"

George W. Bush


WASHINGTON - Il governo americano interviene per limitare gli effetti della crisi dei mutui subprime. George W. Bush, pur sottolineando che l'economia statunitense è forte, ha annunciato una serie di misure a sostegno delle famiglie che hanno sottoscritto un mutuo e ora sono in difficoltà. L'obiettivo è quello di evitare ulteriori insolvenze. Preoccupata la Federal Reserve americana. Per il presidente Ben Bernanke, "le perdite hanno superato le peggiori previsioni" e potrebbero essere necessari nuovi provvedimenti.

Bush: "Il governo avrà un ruolo maggiore". "Stiamo lavorando per aiutare le famiglie che a fine mese non sono più in grado di pagare il mutuo. "Se ci sono più persone che possiedono una casa la società e l'economia sono più forti". Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, con un discorso alla Casa Bianca, ha annunciato una serie di provvedimenti per far fronte alla crisi dei mutui subprime.

Come anticipato da alcuni media statunitensi, è in arrivo una riforma all'Ufficio federale degli alloggi, la Federal Housing Administration, per dare un sostegno anche alle persone con minore merito creditizio. Inoltre il governo ha intenzione di proporre una riforma del sistema dei tributi per favorire i rifinanziamenti dei mutui ipotecari.

Bush, che ha chiesto ai creditori di collaborare per rinegoziare i termini dei mutui, ha poi sottolineato che il ruolo dell'esecutivo nell'aiutare i proprietari di case è "limitato" e che la Casa Bianca non intende "venire in soccorso degli speculatori". A suo avviso, la crisi è comunque "modesta" in rapporto all'economia americana, che è forte abbastanza per superare le turbolenze del mercato.

L'analisi di Bernanke. Circa un'ora prima, al convegno monetario di Jackson Hole, nel Wyoming (Usa), era intervenuto anche il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke. Nella sua analisi della situazione, ha affermato che le perdite dei mercati finanziari internazionali "hanno fino ad ora superato anche le previsioni più pessimistiche".

Bernanke, per rassicurare gli operatori, ha però aggiunto che la Banca centrale americana continuerà a monitorare la situazione dei mercati e ha sottolineato che la Fed è pronta a "prendere ulteriori misure se necessario per aumentare la liquidità e promuovere il funzionamento ordinario dei mercati". E poi ha spiegato: "Non è responsabilità della Federal Reserve, non sarebbe appropriato, proteggere i risparmiatori e gli investitori dalle conseguenze delle loro decisioni finanziarie. Ma gli sviluppi nei mercati finanziari possono avere effetti economici ampi sentiti da molti al di fuori dei mercati e la Fed deve tenerne conto quando determina la sua politica".

Il numero uno della Federal Reserve ha però anche individuato alcuni elementi positivi nello scenario attuale. "Il fatto che gli investitori chiedano più garanzie prima di assumere un rischio è senza dubbio uno sviluppo sano", ha detto Bernanke. Inoltre, grazie agli sforzi fatti per rafforzare l'infrastruttura finanziaria, "il sistema finanziario globale è in una posizione relativamente forte per uscire da questo processo".

(31 agosto 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/economia/crisi-mutui/bush-iniziative/bush-iniziative.html

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Letta, i 40enni e il Subbuteo maestro di vita


LETTATE STA FINENDOOO..

IL TEMA PUO' SEMBRARE FUTILE.. E L'ARTICOLO ANCHE. MA PROVATE A DOMANDARVI DOVE POSSA AVER PRESO TUTTI QUEI BEI SOLDINI, IL LETTA JUNIOR, PER RIUNIRE E SOLLAZZARE 400 PORTENTOSE MENTI DEL BEL SUOLO ITALICO.. E PER FARNE CHE? MA SIAMO SICURI CHE L'IDEA SIA STATA PROPRIO SUA? SA TANTO DI MERCATO DELLE VACCHE, UN DISEGNO TESO AL CONTROLLO DI UNA PROFICUA MUNGITURA A VENIRE.. AMBIGUO. ED ANCHE INQUIETANTE.
mauro

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Sfide sul panno verde con Prodi jr: come in politica, perde chi ha la mano pesante

DAL NOSTRO INVIATO
DRO (Trento) Il gazebo per la ricreazione è in un angolo del prato, bisogna attraversare l'animosità caciarona dei biliardini, e là, su una pedana che fa tanto distacco snob, si entra nell'isola del Subbuteo, dove Andrea Pezzi dopo un raffinato colpo d'unghia alza gli occhi e fa: «Yeaah, sto recuperando il magic touch!». Da recuperare c'è anche altro. «Forze propulsive per modernizzare il Paese», spiega Enrico Letta. Il sottosegretario a Palazzo Chigi e candidato alla guida del Pd ha riunito in conclave 400 tra economisti, giuristi, avvocati, imprenditori, artisti. Luogo simbolico: la centrale elettrica di Dro, «perché l'Italia ha le batterie scariche — aggiunge Letta — e c'è bisogno di nuova energia». Tre giorni di dibattiti e workshop. Età dei partecipanti: under 40. E per i momenti di relax, tuffi amarcord nel gioco simbolo di una generazione.

I trenta-quarantenni che partecipano a «VeDrò» sono stati adolescenti negli anni '80. Classe dirigente che si ritrova oggi a discutere di sviluppo, riforme e meritocrazia. Raduno bipartisan. In comune (per molti) un'infanzia di partite a calcio simulato sul panno verde. L'età li ha fatti collezionisti e feticisti. «Mi raccomando il Subbuteo», sentenziò Letta tre anni fa, mentre si organizzava la prima edizione di «VeDrò». «E che sia quello vero», fu l'ordine. Ci vollero un paio di nottate a smanettare su Ebay per recuperare campi, squadre, porte e palloni. Tutto originale anni '80. «Il nuovo è diverso», sorride Giorgio Prodi, insegnante di Economia e figlio del premier, che è stato previdente: «Il vecchio Subbuteo l'ho messo da parte per mio figlio». Il bambino ha quattro mesi.

Tradizione che si perpetua. E allora, in questa valle sul lago di Garda in cui si cercano nuovi approcci alla politica, si può tentare anche un gioco semiserio, abusando del più trito fra i luoghi comuni: il calcio come metafora della vita. E il Subbuteo? Risponde Letta: «Di sicuro dà una lezione per la politica: chi ha la mano pesante, perde». Non è tutto. Ore 14 di ieri, piccolo confronto intorno al campo, non tutti ricordano le norme.
Il più ferrato è Giorgio Prodi. Occasione per spingersi ancor più in là sulle corrispondenze tra Subbuteo come res publica: «Prima di tutto bisogna mettersi d'accordo sulle regole ». Altra partita, altra metafora. Sempre più ardita. Giulia Bongiorno, avvocato di An, presenza fissa a Dro per la «grande stima» che ha di Enrico Letta, si chiede: «Perché le donne rimangono lontane dal Subbuteo?». Quel che mancava, le pari opportunità.

Limite sottile: sotto le battute c'è la profondità dei problemi, soprattutto se ci si raduna per parlare di «Italia tra 10 anni» (tema di «VeDrò 2007»).
Riassume Giulio Napolitano, giurista, figlio del presidente della Repubblica: «Sentiamo la responsabilità del futuro. Siamo in ansia per l'ambiente, il ritardo culturale, un sistema politico inefficiente. Ci chiediamo: cosa possiamo fare?». Arturo Artom, imprenditore, unico italiano ospite del prossimo World Economic Forum in Cina, offre una ricetta: «Che l'Italia diventi come la Apple ». E cioè: «Design più tecnologia. Per puntare a grandi nicchie ». Folco Terzani non gioca a Subbuteo, gira per la convention senza scarpe e sul palmo della mano porta scritta una domanda: «Chi ha la responsabilità del mondo?». Alle 6 della sera tutti in campo a Riva del Garda. Imprenditori contro amministratori. Stavolta è sudore e fatica, calcio vero. Privato batte pubblico 4 a 2. Ma Enrico Letta è costretto a passare la serata al pronto soccorso per un infortunio al ginocchio.

Gianni Santucci

Il racket delle ragazzine



31 agosto 2007

Migliaia di clienti
per le baby prostitute

Decine di minorenni rumene si prostituiscono a Genova, nella zona di San Benigno, introdotte in Italia da un’organizzazione che approfitta dell’entrata della Romania nell’Unione europea.

Le informazioni, riportate dall’edizione di oggi del Decimonono, nascono dall’inchiesta diretta dal Pm Federico Panichi e condotta dalla squadra mobile genovese.

Le ragazze, anche di 14, 15 e 16 anni, secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, si prostituiscono volontariamente e godono di libertà di movimento; gli organizzatori trattengono il 50% degli introiti.

Gli incassi sono alti, per qualcuna anche 100.000 euro in tre mesi; l’orario va dalle 20.30 alle 4-5 del mattino, 20-25 i clienti a testa per notte.

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31 agosto 2007

Il racket
delle ragazzine

Marco Menduni

Cela, 9325 euro. Cristina, 14.285. Mirela: 4995. Oana: 8430. Stavolta non sono stime. Non sono proiezioni né elaborazioni. Sono le cifre che ruotano intorno alla prostituzione minorile a Genova: ragazzine di 14, 15, 16 anni. I ricavi, in due sole settimane, delle adolescenti romene che si vendono nella zona di San Benigno. Il periodo è compreso tra il 21 dicembre 2006 e il 12 gennaio 2007. I taccuini sequestrati durante l’indagine della squadra mobile, diretta dal pm Federico Panichi, stavolta, non lasciano dubbi. Anche perché illustrano una realtà sconvolgente. Soltanto Cristina, nel periodo delle passate feste natalizie (l’«effetto tredicesima», lo chiamano i poliziotti) ha avuto quasi 350 clienti, più di venti al giorno. Un’altra giovane, in tre mesi, ne ha avuto duemila. Centinaia, migliaia di genovesi che non hanno esitato a metter mano al portafogli per consumare un rapporto sessuale con ragazze giovanissime.

Se da una parte c’è il racket, dall’altra c’è la legge della richiesta. E questa non affonda le radici nella malavita dell’Est, né nella spietata legge delle mafie. Ma anche e soprattutto nelle file ininterrotte di auto che, dalle dieci di sera fino alle luci dell’alba, puntano i fari alla ricerca delle “ragazzine”. Italiani, italianissimi i clienti. Consapevoli, consapevolissimi.

Laura spiega agli inquirenti di aver guadagnato, nella sua prima serata a Genova, 800 euro, la metà dei quali è rimasta nelle sue mani. «Guadagno di tre mesi - osserva quasi sbigottito il pm, con gran quantità di punti esclamativi - centomila euro!!!». In tre mesi, duemila clienti. Ancora una volta: italiani. Genovesi. Per una sola ragazza. Una ragazzina arrivata in Italia, come annota ancora il magistrato, «grazie a mille euro dati a un poliziotto, in maniera da disbrigare la pratica in un attimo».

Marcella racconta di aver dato agli “uomini” della gang la metà di quel che ha guadagnato in un anno: «Non meno di ottantamila euro, seppure con le interruzioni dovute a due permanenze in Romania, una per sua scelta, l’altra quando fu espulsa coattivamente». La sera in cui guadagna di più, il suo “uomo” scrive un sms a un connazionale: «2000 euro vinti al bingo». Un messaggio convenzionale, nell’ingenua convinzione di poter così sfuggire a eventuali intercettazioni delle forze dell’ordine.

Monica detta “Mona” è arrivata in Italia, con la precisa intenzione di fare la prostituta, a 14 anni. Ne ha 15 quando si presenta alla polizia. Non ne può più: la sera del 12 dicembre 2006 si è scatenata una rissa tra le giovani lucciole in via De Marini (zuffa sedata dal 113) e lei non ritiene più accettabili «le condizioni all’interno del gruppo». Si prostituisce a 14 anni, Mona, e i clienti non mancano. Le intercettazioni, d’altronde, confermano le attività del gruppo.

Una ragazza chiama una sera il suo “fidanzato” (il protettore): «Ho fatto 250», gli dice. Intende euro. Lui risponde: «Io ne ho giocato soltanto 100, finora». Intende alle slot machine. Ecco dove finisce gran parte del loro denaro.

Mona arriva in Italia per battere le strade. Non ingannata, né circonvenuta. «In grave condizione di disagio economico - scrive il pm - rappresentandosi in modo improprio il proprio futuro in Italia e i facili guadagni che avrebbe ottenuto dall’attività di prostituta, sapeva di venire a esercitare a Genova, come aveva già fatto la sorella».

Arriva e «di fronte al Novotel viene ricevuta da due connazionali. Viene condotta a casa di uno di loro. Racconta di aver dimorato all’inizio e per circa un mese presso quell’appartamento». A Sampierdarena, in vico Pieve di San Martino.

Lei è ancora vergine. E la storia, qui, si fa ancora più dura. E’ proprio lei che chiede di perdere la verginità al giovane che la ospita, perché «non sia un impiccio sul lavoro». Però, quando la situazione si prospetta davvero, lei ha improvvisamente paura. La paura di una ragazza che è poco più di una bambina. «Il consenso iniziale - insiste il pm - è assolutamente viziato e comunque revocato esplicitamente nella fase successiva del rapporto». Niente da fare. Il giovane, su ordine del “capo dell’associazione”, non ha esitazioni. Il pm ha chiesto al gip la nomina di un procuratore speciale per procedere contro questa persona pur in assenza della querela della giovanissima romena.

Questa è la storia personale di tante ragazzine che, alla sera, sono sulle strade di San Benigno, a Genova. Viveva, Mona, in un appartamento in via Cantore 11A, in una casa presa in locazione da un connazionale («grazie alla posizione di regolare nel nostro Paese», scrive il pm) che paga 5.000 euro all’anno di affitto ma ne pretende 300 al mese per ogni ragazza che ospita.

Certo, lo sfruttamento romeno non è crudele e violento come quello imposto dagli albanesi. Così è lo stesso pm, che in un primo tempo aveva contestato alla gang anche la “riduzione in schiavitù”, ad ammettere che lo scenario della prostituzione è cambiato: «Le ragazze godono di una loro libertà di movimento, seppure nella condizione di parziale soggezione loro imposta. Possono anche decidere di allontanarsi dal gruppo senza subire ritorsioni. Gestiscono parte del denaro guadagnato vendendosi sulla strada inviandolo alla famiglia. Trattano con toni se non paritari, almeno non deferenti con i propri sfruttatori, tanto da rivolgere loro insulti quando non svolgono con solerzia le loro funzioni di protezione».

Anche la suddivisione degli introiti è ricostruita dal pm e dalla mobile con grande precisione: «Le ragazze ricevevano la metà di quanto guadagnato, ma i modi e i tempi dei prelievi forzosi erano decisi dagli sfruttatori. Nei fine settimana si verificava la sottrazione della totalità dei proventi del lavoro “su strada”; quel che era stato trattenuto eccedente il cinquanta per cento spettante “per patto contrattuale tacito” alle ragazze veniva recuperato nei giorni successivi». Nel senso che le ragazze potevano intascare la differenza. Ed è per questo che serviva una contabilità molto precisa dei guadagni delle ragazze.

Non è certo generosità, spiega la polizia. Ma un meccanismo attraverso il quale i romeni riducono al minimo il rischio di “ribellione” delle ragazze, evitando di essere denunciati alle forze dell’ordine. Si assicurano guadagni comunque ingenti riducendo al minimo i rischi e per questo le indagini sono sempre più complesse.

A volte la complicità è addirittura interna al gruppo delle ragazze. Un esempio? Quando Mona decide di fuggire, è la sorella a contattarla sul cellulare: «Mona, non te la passerai male se torni indietro». Quante ragazze? «Vengono riconosciute come prostitute gestite e sfruttate dal gruppo - annota Panichi - ben 20 ragazze delle quali molte già identificate dalla polizia giudiziaria mentre si prostituivano in via De Marini e zone limitrofe».

C’è qualcuno che viene sempre e comunque rispettato: il cliente. E infatti, osserva la procura, non c’è traccia nelle conversazioni di alcun problema, alcuna lite, alcun dissapore.

Portano denaro. Guadagni enormi. Perché ogni ragazza, nell’”orario di lavoro” («dalle 20,30 alle 4-5 del mattino», scrive Panichi) ha dai 20 ai 25 clienti. E questi non li procura il racket. Sono italiani, genovesi. Che non si fermano di fronte agli occhi di una ragazzina di 15 anni. Anzi, la ricercano. E magari l’indomani se ne fanno vanto con gli amici.

fonte: http://www.ilsecoloxix.it/genova/view.php?DIR=/genova/documenti/2007/08/31/&CODE=cab03ab2-579e-11dc-a4e3-0003badbebe4

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Baby prostitute in strada a sette anni
by ANTI PEDOFILIA Tuesday, Sep. 06, 2005

Un fenomeno in costante aumento. E il mercato del sesso conta già più di duemila minori


Sette anni e sono già in strada, vittime di trafficanti senza scrupoli e di clienti che di scrupoli ne hanno ancor meno.

Il fenomeno delle “baby-prostitute” è in costante aumento e, secondo uno studio realizzato dall’Osservatorio sulla prostituzione minorile della Asl di Rimini, il mercato del sesso conterebbe pià di duemila minori. Un quadro a dir poco inquietante: c’è chi comincia già a sette anni e se lo sfruttamento sessuale dei giovanissimi italiani avviene per lo più in casa, i loro coetanei stranieri sono costretti, spesso dagli stessi genitori, a prostituirsi in strada o in locali particolari. Se per gli extracomunitari, nella maggior parte clandestini, la prostituzione è un modo, spesso solo un’illusione, per sfuggire alla povertà, lo studio rivela che molti giovanissimi si dicono pronti a vendere il proprio corpo in cambio di piccoli lussi: dal telefonino a vestiti e scarpe firmati.

I dati diffusi riaprono il dibattito su un fenomeno, quello della prostituzione, che dilaga a macchia d’olio e la cui soluzione diventa ancor più urgente proprio in virtù del legame con lo sfruttamento e gli abusi sui minori, per lo più stranieri che diventano merce di scambio e da macello. Un mondo variegato, che include baby-prostitute provenienti dall’estero e vendute dagli stessi genitori ad organizzazioni criminali, ragazze che vengono indotte con la forza ed il ricatto a vendere il proprio corpo e altre che invece decidono di farlo in modo autonomo. E poi ci sono i rom, molti dei quali hanno cominciato ad avviare i loro bambini alla prostituzione. Tra le misure per combattere quello che può essere definito un flagello ci sono il blocco degli ingressi clandestini nel nostro Paese, le indagini sulle grandi organizzazioni criminali, il controllo del territorio, ma anche quello dei campi nomadi .

"Ogni giorno, sulle strade delle città italiane, si svolge un commercio raccapricciante di minori, - dice il coordinatore nazionale del Moige (Movimento italiano genitori), Vittorio Gervasi - vittime allo stesso tempo dei loro sfruttatori e di clienti che, vista l’età di chi si prostituisce, possono essere considerati in molti casi dei veri e propri pedofili".

Intanto ieri è stato arrestato il presidente onorario del centro di accoglienza “Elena Monaco”, che ha una sede distaccata a Merate in provincia di Lecco, con l’ accusa di abusi sessuali nei confronti di tre bambine, che sarebbero di età compresa fra i 4 e i 10 anni, figlie di ospiti della comunità. Una brutta storia che chiama in causa una persona che pareva al di sopra di ogni sospetto: Claudio Filippo Monaco, 63 anni, fondatore del centro d’accoglienza per donne che hanno subito maltrattamenti in famiglia, era stato più volte premiato per meriti inerenti l’attività della comunità.

Secondo l’accusa avrebbe in più occasioni approfittato della sua posizione per adescare le bambine all’interno del centro e invitarle nel suo appartamento, che si trova all’ultimo piano della struttura. L’arresto avvenuto ieri a Lecco è solo l’ultimo di una lunga serie di casi di pedofilia che si concentrano maggiormente in Lombardia, Sicilia e Lazio. Sono queste, infatti, le regioni nelle quali i reati legati alla pedopornografia, negli ultimi anni, hanno assunto proporzioni più allarmanti.


http://www.pedofilia.it/

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Bush interviene sulla crisi dei mutui



Il presidente George W. Bush presenterà oggi un piano di riforme volto ad aiutare le vittime

WASHINGTON
La Casa Bianca corre ai ripari sull’ondata di insolvenze nei mutui subprime, che dopo aver trainato crolli a catena delle Borse mondiali nelle scorse settimane ora rischiano di contagiare altri settori, come le carte di credito e i prestiti al consumo. Oggi il presidente George W. Bush annuncerà un piano di aiuti per i titolari di mutui in difficoltà, assieme ad una serie di iniziative che cercheranno di «tamponare la situazione»: l’ombra degli aumenti delle rate che incalza minacciosa oltre 2 milioni di americani che hanno acceso mutui a tasso variabile. Ma allo studio ci sono anche riforme che puntano ad evitare il ripetersi di situazioni simili.

Secondo fonti della casa Bianca, oggi Bush affiderà al Segretario al Tesoro Henry Paulson e al segretario di Stato per il settore immobiliare, Alphonso Jackson, il compito di studiare misure di emergenza per aiutare i titolari di mutui a ottenere strumenti in grado di evitare le insolvenze.

Contemporaneamente Bush chiederà al congresso di approvare un pacchetto di riforme che assicureranno all’autorità di vigilanza sul settore immobiliare, la Federal Housing Administration, maggiore flessibilità nell’assitenza e nel controllo sui mutui subprime. La casa Bianca proporrà al congresso anche di studiare possibili riforme fiscali per agevolare la rinegoziazione dei mutui, e un aumento dei controlli volti a punire il marketing troppo aggressivo nel settore.

Negli ultimi mesi negli Stati Uniti le insolvenze sui pagamento delle rate dei mutui si sono moltiplicate, specialmente su quelli subprime, ovvero accesi a favore di persone che offrivano garanzie di solvibilità basse o nulle. Inoltre l’aumento dei tassi e il calo dei prezzi degli immobili hanno reso per molti impossibile far ricorso a nuovi finanziamenti, o di mettersi al riparo dai rischi di fallimento vendendo la propria abitazione.

E la situazione appare destinata a peggiorare. Tra quest’anno e il prossimo circa 2 milioni di mutui a tasso variabile accuseranno aumenti delle rate, e i ritardi sui pagamenti comportano pesanti sanzioni.

A inizio anno l’economia americana ha mostrato segnali di ripresa, e proprio ieri il dipartimento del Commercio ha rivisto al rialzo il dato sul Pil del secondo trimestre, con una crescita del 4% su base annua. Ma l’immobiliare, che sta accusando la fase più debole degli ultimi 16 anni, ora rischia di zavorrare tutta l’espansione della prima economia globale.

La crisi dei mutui suprime intanto miete un’altra vittima. Si è dimessa infatti Kathleen Corbet, la presidente di Standard & Poor’s. Lo ha reso noto la capogruppo McGraw Hill. Corbet da tre anni in S&P, sarà rimpiazzata da Deven Sharma, 51 anni, che dallo scorso novembre ha ricoperto la carica di vicepresidente esecutivo dei servizi d’investimento e delle vendite globali. Nella sua nuova funzione Sharma riporterà direttamente al presidente e amministratore delegato di McGraw-Hill, Harold McGraw III.

La compagnia non ha specificato i motivi dell’abbandono da parte della 47enne Corbet limitandosi ad osservare che la manager «intende perseguire altre opportunità». Le agenzie di rating sono nell’occhio del ciclone per le critiche sui mancati controlli sulla solvibilità di alcuni fondi e sui rischi legati ad alcuni tipi di investimenti.

fonte: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/200708articoli/25285girata.asp

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"Case a politici e sindacalisti a prezzi super-scontati"

A QUANTO PARE, C'E' CHI DI PROBLEMI CON LA CASA NON NE HA..
PER SAPERNE DI PIU' COMPRATE L'ESPRESSO, NE VALE DAVVERO LA PENA
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Inchiesta de L'Espresso: abitazioni a cifre stracciate per vip, politici e sindacalisti
Trenta vani catastali acquisiti da Casini. Affari anche per Cardia e Bonanni


Un intero edificio per il Guardasigilli. Mastella: querelo
di SERENELLA MATTERA





ROMA - Case a prezzi stracciati per vip, politici e sindacalisti. Lo rivela un'inchiesta de L'Espresso in edicola oggi, dal titolo "Casa nostra". Una squadra "vasta e assortita", è la denuncia del settimanale, ha potuto comprare appartamenti a Roma a costi di molto inferiori a quelli di mercato. Una squadra bipartisan che va dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, agli ex presidenti di Camera e Senato Luciano Violante e Nicola Mancino. Dalla famiglia del leader Udc Pier Ferdinando Casini a quelle del ministro della Giustizia Clemente Mastella e del primo cittadino di Roma Walter Veltroni (no!! anche lui?? n.d.m.). Coinvolti nell'inchiesta anche altri potenti, come il presidente della Consob Lamberto Cardia e il segretario della Cisl Raffaele Bonanni.

Le prime anticipazioni, trapelate ieri, hanno sollevato la reazione di alcuni dei politici chiamati in causa. Mastella ha annunciato una querela, mentre Cossiga si è limitato a spiegare: "Ho comprato a prezzi scontati, ma non ingiustamente". Duro il presidente del Senato, Franco Marini: "Sono false le notizie che mi riguardano (due piani di un palazzo ai Parioli pagati 1 milione di euro, ndr). Io non ho avuto nessuno sconto ma ho comprato a prezzo di mercato la casa che avevo in affitto da circa 20 anni. Mi pare si stia superando ogni limite con queste pseudo-denunce".

Nel 1996 l'inchiesta "Affittopoli" svelava come gli enti previdenziali dessero in locazione ai politici appartamenti in pieno centro a Roma a prezzi stracciati. Oggi L'Espresso parla di una "Svendopoli", perché quelle stesse case "sono state svendute definitivamente e il privilegio è stato reso eterno". Per fare un esempio, il presidente della Consob Cardia pagava 1 milione e 100 mila lire di affitto nel 1996 e ha comprato nel 2002 a 328 mila euro 10 vani e due posti auto vicino al Palaeur. Mentre il sindaco Veltroni, che "è nato nelle case dell'ente previdenziale dei dirigenti (Inpdai)", ha comprato dalla Scip, ex Inpdai, 190 metri quadri a via Velletri, zona Piazza Fiume, per 373mila euro. Un prezzo basso "per effetto non di un'elargizione personale, ma degli sconti collettivi".

Anche le società private Generali e Pirelli, secondo L'Espresso, nella vendita di immobili hanno avuto un occhio di riguardo per alcuni politici, come Casini e Mastella. A ex suocera, ex moglie e figlie del leader Udc sono andati 30 vani catastali in via Clitunno (zona Trieste) a 1,8 milioni di euro (prezzo di mercato 5100-6900 euro al metro quadro). Mentre la famiglia Mastella si è aggiudicata 26 vani (5 appartamenti) di un edificio di Lungotevere Flaminio a 1,2 milioni di euro. "Non ho certo approfittato di favori - ha replicato il Guardasigilli - tant'è che ho dovuto fare un mutuo di ben 500mila euro".

fonte: http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/politica/case-politici/case-politici/case-politici.html

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giovedì 30 agosto 2007

«Mutuo sempre più caro, costretta a vendere casa»

Storia di una single milanese

La banca: «Meglio il tasso variabile». Ma in due anni la rata è aumentata quasi del 50%

Pubblichiamo la lettera di una trentenne, single, che dopo anni di affitto ha deciso di acquistare un appartamento a Milano. La sua storia, simile purtroppo a quella di tanti altri, dimostra come le macro-dinamiche economiche si riflettano sulla vita di tutti i giorni. Scelte, difficoltà, delusioni.


Dopo anni di affitto buttato al vento finalmente decido di comprare la mia prima casa. È la primavera del 2005, i tassi dei mutui sono bassi e le banche li tirano dietro. Trovo una casa piccola ma che amo dal primo momento. Me la compro da sola, con le mie forze e il mio stipendio. La rata è pari all'affitto mensile che pagavo prima. I conti tornano, ho fatto la scelta giusta. Ma anche un grande errore: opto per un tasso variabile forte delle rassicurazioni delle banche e anche del commercialista, tutti certi che, se oscillazioni ci sarebbero state, il tasso variabile sarebbe sempre risultato più conveniente rispetto a quello fisso. A due anni di distanza la mia rata del mutuo è cresciuta quasi del 50%, passata da poco più di mille euro al mese agli oltre 1.550 dell'ultima pagata qualche giorno fa. Ho chiesto spiegazioni alla banca fin dal primo aumento e hanno continuato a rassicurarmi: «Ha fatto la scelta giusta». La realtà però è che ad ogni mezzo punto di aumento del costo del denaro deciso dalla Bce, la mia banca ha aumentato il mutuo di oltre 80 euro al mese.

Ho letto che ci potrebbe essere un ulteriore aumento del costo del denaro ai primi di settembre, il che significa che la prossima rata mi costerà più di 1.600 euro. Francamente mi sembra di essere finita nelle mani di usurai, i quali, essendo ufficialmente banche, sono legalmente autorizzati a decidere rialzi folli a spese della gente onesta. La Lombardia ha stanziato un fondo per i giovani che acquistano la prima casa, ma per ottenere i contributi bisogna essere sposato. E io, anche se trentenne, sono single e non ne ho diritto. Però le tasse le pago ugualmente. Oggi il costo della rata è diventato impossibile da sostenere, ho tagliato tutto quello che potevo tagliare dalle mie altre spese con sacrifici enormi pur di salvare la mia casa. Ma non ce la faccio più, è diventato un costo impossibile. Non ho potuto far altro che vendere la casa, la mia prima casa. Per fortuna ho trovato già l'acquirente che, come me, si è innamorato di quei 40 metri quadri. È l'ultima decisione che avrei voluto prendere, ma l'unica che mi permette di non finire nei guai con il Tribunale che te la porta via.

Lettera firmata

29 agosto 2007
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Si apre il dibattito dopo la lettera della 30enne al Corriere

Il mutuo e i giovani. Ma questa è Milano?

In poche ore sono arrivati oltre cento messaggi con storie simili alla sua, che narrano come la vita dei giovani sia diventata impossibile


Avete letto la lettera, comparsa mercoledì sul Corriere della Sera, della ragazza che aveva comprato la casa dei suoi sogni (di 40 mq) e un anno dopo è stata costretta a venderla perché il mutuo caldamente consigliato dalla banca era passato da 1.000 a 1.500 euro al mese? Dove aggiunge che, beffa delle beffe, al fondo stanziato per i giovani che acquistano la prima casa, lei non ha diritto, perché non è sposata? In poche ore sono arrivati oltre cento messaggi con storie simili alla sua, che narrano come la vita dei giovani sia diventata impossibile a Milano, stretti come sono, da un lato, tra precarietà, stipendi fermi ai valori della lira e prezzi delle case alle stelle e, dall'altro, tra banche che non di rado sembrano aver imparato la lezione degli usurai. Non sa, chi amministra e decide, che una città senza giovani si spegne, asfissiata dalla mancanza di creatività e di idee nuove che solo da loro possono venire? Inutile illudersi, succederà anche a Milano, che pur è stata per decenni metropoli creativa per antonomasia. Non sarebbe allora il caso — provvedimento minimo — di allargare anche ai single quel contributo per la prima casa, magari chiedendo ai consiglieri regionali, già ampiamente stipendiati, di rinunciare al nuovissimo aumento di 350 euro mensili che si sono concessi, e di utilizzarlo per cercare di conservare alla città i suoi migliori giovani?

Isabella Bossi Fedrigotti
30 agosto 2007

fonte: http://www.corriere.it/vivimilano/cronache/articoli/2007/08_Agosto/30/mutui_fedrigotti_vivi.shtml

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Bagnasco interviene sulla polemica fiscale

"Si riconosca l'opera sociale della Chiesa"

Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco


ROMA - I privilegi fiscali della Chiesa alimentano polemiche in Italia. L'Unione Europea si muove, chiede informazioni, vuole vederci chiaro e sapere se certe esenzioni possono essere considerate illegittimi aiuti di Stato. Nella vicenda interviene oggi l'arcivescovo Angelo Bagnasco, presidente della Cei. E lo fa per chiedere che venga riconosciuta "l'opera sociale della Chiesa".

L'arcivescovo di Genova invita tutti a riconoscere le attività svolte a favore dei più poveri e dei più deboli, "mettendo a disposizione le risorse di cui dispone la comunità cristiana". Le risorse a cui fa riferimento il presidente dei vescovi italiani sono sia "quelle umane che quelle economico-finanziarie". Ragione per cui sono giustificate certe esenzioni, che riguardano gli enti no-profit, nati per occuparsi di problemi quali "l'emarginazione, la fragilità, la debolezza, la povertà". Insomma, se "l'impegno della Chiesa ha una forte ricaduta a livello sociale", se "questa presenza e questa azione di sussidiarietà perdura nei secoli e nei millenni", ci deve essere un riconoscimento "a tutti i livelli". Anche sul piano fiscale, dunque.

Bagnasco esorta i politici ad avere "un atteggiamento sereno, non pregiudiziale, non ideologico", e un approccio verso la Chiesa, "senza interessi di parte, espliciti o nascosti". Il riferimento è a tutte le polemiche scoppiate nei mesi scorsi a proposito di certi privilegi di cui gode il Vaticano, soprattutto dopo che nell'ultima Finanziaria del governo Berlusconi venne inserita una norma che prevedeva l'esenzione dall'Ici per gli immobili di proprietà della Chiesa cattolica. Tra questi, anche quelli che svolgono, seppur solo parzialmente, attività di tipo commerciale.

Il Vaticano ha sempre risposto che l'esenzione dall'Ici è del tutto analoga a quella di cui si giovano altri enti no profit, in particolare il terzo settore. Ma questo privilegio, e altre riduzioni di imposta riconosciute ad imprese specificatamente commerciali, hanno spinto Bruxelles a cercare di vederci chiaro. Due giorni fa la Commissione Ue ha deciso infatti di chiedere al governo italiano "informazioni supplementari" su questi vantaggi. Non è stato ancora deciso di aprire un'inchiesta, ma il commissario alla Concorrenza, Neelie Kroes, ha precisato che in questo caso si tratterebbe di un'indagine "per aiuti di Stato illegali".

(30 agosto 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/economia/ue-chiesa-vantaggi/fisco-bagnasco/fisco-bagnasco.html

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don Sguotti: «Il vescovo di Padova è il capo di una setta»

Il parroco-papà attacca e non si dimette

Le lacrime di don Sante (foto Nicolo' Zangirolami - Ap)

PADOVA (30 agosto) - E' scontro aperto tra don Sante Sguotti, il parroco di un paesino veneto che sarebbe diventato padre di un bimbo di quasi un anno, e il vescovo di Padova mons. Antonio Mattiazzo. «Questa non mi sembra la lettera di un Apostolo, del capo della Chiesa di Gesù Cristo, sembra la lettera del capo di una setta terrorizzato che un adepto riveli segreti inconfessabili», dice in lacrime il sacerdote riferendosi al messaggio con cui mercoledì il vescovo gli ha intimato di firmare le dimissioni da parroco della chiesa di Monterosso di Abano Terme, paesino di 800 abitanti vicino a Padova. Per replicare al vescovo, il prete oggi ha incontrato di nuovo i giornalisti, dopo la bizzarra conferenza stampa di martedì in cui alla domanda se fosse diventato padre o no aveva risposto più o meno: "decidete voi".

Ma si dimette o no?, è stato chiesto a don Sante. «Rimarrò qui fino a quando la mia presenza sarà ritenuta opportuna», ha detto. Una risposta destinata a far infuriare le gerarchie ecclesiastiche già provate dalla storia del parroco, che ormai da giorni è deflagrata sui media. «Questa lettera - ha insistito - è un mandato di esecuzione è il via libera per il primo folle fondamentalista fanatico che penserà di fare un grande dono alla Chiesa eliminandomi». L'unico favore che don Sguotti dice di voler chiedere al vescovo «è che chiarisca che le sue parole non danno a nessuno il diritto di eliminarlo o di fare del male ai suoi cari, o alle persone che gli stanno vicino».

«Ho visto subito che era una lettera tremenda. Mi si è conficcata nel cuore come una bomba atomica», sono le parole con cui inizia il lungo comunicato che don Sante ha letto piangendo durante la conferenza stampa. «Ieri per tutto il pomeriggio e fino a sera tarda - dice don Sante - ho cercato di sdrammatizzare, come è mio solito. Poi questa notte mi sono svegliato e ho cominciato a piangere. È accaduto tre volte. Quando è suonata la sveglia, questa mattina, sono crollato e mi sono sfogato in un pianto profondo che non facevo più chissà da quanti anni».

Il sacerdote sostiene che la missiva di ammonimento di mons. Mattiazzo «lo ha piegato in due». «Ora la mia vita - si sfoga - si è abbreviata: il vescovo ha riscontrato in me due atteggiamenti tipici del demonio». «Don Sante è, in questo momento, il demonio - continua il sacerdote - il Principe delle Tenebre: basterebbe solo questo per uccidere un credente». Il parroco di Monterosso ammette che si aspettava «una reazione violenta», ma non così. «È il mio peggior difetto: far impazzire di rabbia chi non vuol ragionare - sostiene -. Ma questa reazione del mio padre vescovo mi toglie il respiro». «Non mi interessa più il mio fidanzamento. Se il papa vuole le mie ...... me le taglio e gliele spedisco». Poi don Sante invoca Gesù: «Padre, perdonali, ti supplico, perché non sanno quello che fanno». L'ultimo pensiero è per la «donna e il bambino che amo: siate forti con me!».

Il parroco, che sembra oormai averci preso gusto a incontrare i media, ha annunciato una ennesima conferenza stampa per lunedì, per spiegare quali sarebbero le vere cause della "persecuzione" nei suoi confronti. Non contento, ha confermato che la sera del 4 settembre intende indire una sorta di referendum per chiedere ai parrocchiani se sono disposti ad accettare di avere come parroco un prete innamorato, «che intende - ha ripetuto - fidanzarsi ufficialmente in modo casto il 2 dicembre con una donna che è mamma di un figlio piccolo».

Il sacerdote ha annunciato anche l'apertura di un sito internet in appoggio al proprio movimento all'indirizzo www.chiesacattolicadeipeccatori.it (che però fino a oggi non era attivo). Rivolgendosi ai fedeli divorziati o in qualche modo esclusi dal rito dell'eucarestia, don Sguotti ha lanciato poi un appello: «Domenica prossima poco prima delle 11 trovatevi di fronte alle vostre parrocchie, disponetevi in cerchio, datevi la mano e recitate il padre Nostro».


articolo precedente: E' padre di una bimba di tre anni il parroco che veglia sulle vacanze valdostane dei papi.

fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=7991&sez=HOME_INITALIA

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A 25 anni dall'assassinio di Pio La Torre


Un ricordo di Pio La Torre


Chiamava i mafiosi per nome e cognome

di Pietro Ancona

Cari compagni,
nel 25mo anniversario dell'assassinio di Pio La Torre vi invio un ricordo. Pio la Torre è stato anche segretario regionale della CGIL fino al 1964


Ero segretario generale della CGIL siciliana quando Pio La Torre fu mandato dalla Direzione del PCI a guidare il PCI in Sicilia. Nelle commemorazione che si sono susseguite nel corso di questi venticinque anni la sua morte è sempre fortemente legata alle sue proposte veramente incisive di lotta alla mafia. Ma Pio La Torre fu ucciso per molto di più. Fu ucciso perchè la mobilitazione dei siciliani contro i missili a Comiso era diventata una poderosa leva per un radicale cambiamento dei rapporti politici e sociali nell'Isola. A Comiso convenivano centinaia di migliaia di persone, in particolare di giovani, certo per protestare contro l'installazione della base missilistica ma consapevoli di rappresentare tutti insieme una nuova forza per operare una radicale rivoluzione civile in Sicilia.
Pio mi diceva: Sto scuotendo l'albero della Sicilia. Cadranno frutti abbondanti per un futuro migliore!

Qualcuno avverti il pericolo rosso di questo "agitatore" che stava facendo scolorire rapidamente i cliches della politica siciliana. Nell'equilibrio dei rapporti di forza, il milione e passa di voti democristiani erano fondamentali per il governo. Lo scardinamento dell'equilibrio siciliano avveniva attraverso la leva della mobilitazione per la Pace e l'attacco frontale alla mafia. Pio chiamava i mafiosi per nome e cognome! Questi ultimi venticinque anni spiegano bene la necessità della sua morte per il potere. Il movimento con epicentro Comiso e la Mafia si è spento e le speranze di diecine di migliaia di giovani si sono oscurate. Oggi abbiamo la Regione di Cuffaro che vuole privatizzare l'acqua e che ha prodotto una riforma dello Statuto che la trasforma in una satrapia di oligarchi

Sono fiero di essere stato al suo fianco in tutte le lotte per la pace e contro la mafia e di avere rilanciato, un mese dopo la sua morte, la lotta per distruggere i patrimoni di mafia in un Consiglio Generale della CGIL siciliana presieduto dalla indimenticata Donatella Turtora

(www.rassegna.it, 2 maggio 2007)



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Articolo di Ugo Baduel.

“Aveva rotto la ‘grande quiete’ del potere mafioso”,

in ‘L’Unità’, 3 maggio 1982.

Palermo. Corre questo interrogativo: perché La Torre oggi? Tante risposte, tanti possibili “fili di ragionamento”, tanti possibili paradigmi indiziari. Si cerca di rispondere nelle riunioni e negli incontri di magistrati, di funzionari e ufficiali che svolgono le indagini. Si cerca di rispondere anche nei crocchi agli angoli di piazza Politeama e di piazza Massimo, e questo chiedevano, con quegli applausi tutti ben mirati e pensati, con quei volti di anziani rigati di lacrime, di giovani storditi, quei siciliani, quei cittadini di Palermo che a decine di migliaia erano in piazza ieri mattina a salutare Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Questo si è chiesto a un certo punto del suo discorso anche Enrico Berlinguer: perché La Torre oggi?

La risposta sta proprio in quella capacità di suscitare movimenti di massa – come già avvenne negli anni 50, gli anni di Li Causi, alla cui scuola furono educati La Torre e tanti altri dirigenti del movimento operaio – che ancora una volta i comunisti stanno dimostrando in Sicilia.

Il potere mafioso ha sempre bisogno di una grande pace. Una pace generalizzata, una quiete sociale fatta di rassegnazione e di arrangiamenti spiccioli, un torpore differenziato che non attragga attenzioni, che non faccia puntare i riflettori, che non ecciti le forze dell’indagine e della repressione del crimine, che non faccia scrivere i giornali. Tanto più questa pace serve quando c’è in gioco un “business” della portata di quello di questi anni e mesi. Un “business” che coinvolge i fratelli della costa atlantica USA, che porta nell’isola la silenziosa ed esplosiva ricchezza di oltre ventimila miliardi di lire all’anno per la produzione e il traffico della droga pesante. Questo gigantesco “laboratorio” (in senso proprio di raffinerie per l’eroina e in senso metaforico) deve essere lasciato nella più grande “pace”, perché i traffici prolifichino, innocui e benefici, senza che alcuno vada a vedere di dove sorgono.

Pier Santi Mattarella aveva cominciato a dare qualche segno di rinnovamento nel governare questa regione. Uomo doppiamente pericoloso: figlio di un esponente politico discusso per i suoi rapporti col mondo della mafia approdò infatti a una maturazione di cattolico e democratico pensoso del bene comune, innovatore prudente ma saldo di stampo moroteo.

Gaetano Costa, il Procuratore, aveva impresso una svolta, diciamo così “teorica” alle indagini giudiziarie contro la mafia. Si era mosso cioè con i mezzi tecnici di un magistrato, ma con la statura di un intellettuale che minacciava di porre micidiali mine a scoppio ritardato sotto le potenti “mura di Gerico” della cittadella mafiosa.

Ecco, ci pare giusto ricordare questi due fra i tanti che la mafia ha assassinato in questi ultimi anni, perché la loro uccisione avviene sotto lo stesso segno politico – tutto politico – che caratterizza quella di Pio La Torre.

Il potere mafioso non ha bisogno di uffici studi per capire queste cose, ha antenne sensibili ed intelligenti.

Pio La Torre era arrivato qui caricato di un “animus” già di per sè inquietante. Era arrivato forte di una sua nuova, aggiornata cultura su ciò che era la mafia di oggi. E si era mosso subito con una capacità di mobilitazione, un attivismo, una inventiva che sconcertavano il pianeta mafioso e che facevano presa in modo imprevisto fra la gente, fra i giovani, negli ambienti più diversi.

Pensiamo a questa campagna per la pace contro i missili a Comiso. Di colpo questa Sicilia, questa Comiso, diventavano una grande scritta in tedesco, in fiammingo o in svedese su cartelli portati da cortei imponenti del movimento per la pace nelle capitali d’Europa. E La Torre, il PCI, avevano insistito: un milione di firme siciliane contro la base di Comiso. Qualcosa di cui era arrivata notizia persino sui giornali degli Stati Uniti dove dell’Italia ci si occupa ben di rado.

E pensiamo intanto a quello che stava avvenendo in questa isola. Tavoli per le firme della pace davanti alle chiese, anche nei punti più remoti delle città e delle campagne, bene accettati dai parroci; un banchetto anche davanti al Duomo di Monreale; il cardinal Pappalardo che dice “Non posso oppormi ad un movimento che chiede la pace”; i centomila della marcia di Comiso; dieci deputati regionali dc (la DC di Sicilia) che firmano la petizione contro i missili a Comiso; il presidente dell’Assemblea Regionale, il socialista Lauricella, che si schiera per le firme; il sindacato che prima è incerto e poi si mobilita; il tavolo per le firme davanti alla stazione ferroviaria di Palermo dove fanno la coda, in arrivo da ogni provincia, casuali passanti per firmare; centomila firme solo nel capoluogo regionale dopo pochi giorni.

E intanto, si badi, i convegni del PCI sulla mafia e con la partecipazione di magistrati; magistrati che vanno poi al congresso regionale del PCI e parlano dalla tribuna contro la mafia. E la delegazione guidata da La Torre che va da Spadolini. E la pronta nomina di Dalla Chiesa prefetto a Palermo, nella città nella quale sino a poco tempo fa si pensava che bastasse per fare il questore uno che non era nemmeno funzionario di polizia, che era solo iscritto alla P2, come tutto merito.

Ma tutto questo non fa rizzare quelle tali antenne mafiose? Per una serie di ragioni anche generali e di diverso genere questo movimento stava attecchendo in modo imprevedibile. E una delle ragioni era proprio questa nuova capacità impressa al PCI di incidere, di darsi una cultura politica di massa adeguata.

C’è un “antico” che può finire con il coincidere con la neo-cultura del “post-moderno”. La Torre lo aveva felicemente capito. Ha ricordato un suo compagno palermitano della prima ora, Mario Collarà che è segretario della sezione “Francesco Losardo” che era da sempre, qui a Palermo, quella di La Torre: “Mi ricordo negli anni 50, quando si faceva la diffusione domenicale de L’Unità e Pio, in una mattinata, riusciva a vendere 700 copie. E quelli erano tempi nei quali qui al quartiere del “Capo” a saper leggere erano ben pochi”. E ha detto un altro compagno di quella sezione comunista palermitana, Mario Viale: “Sono stato con Pio due domeniche fa a raccogliere le firme per la pace. Era allegro, scherzava e convinceva tutti a firmare”. Ecco, appunto, l’antico che diventa messaggio moderno, che colpisce i giovani come una novità piena di fascino, come un “modo nuovo” di fare politica.

Questo, tutto questo, sfasciava il clima della “pax mafiosa”, quella tale pace all’ombra della quale si è potuto operare tranquilli per due anni dopo l’intimidazione degli assassinii di Mattarella e di Costa: quando le varie “famiglie” regolavano i conti tra loro (130 i morti negli ultimi 13 mesi, opportunamente “potate” le vecchie piante dei Badalamenti, degli Inzerillo, dei Bontade nella disperata lotta per il controllo del “business” dell’eroina) e la gente badava solo ai fatti suoi.

Ha detto Ninni Guccione, presidente regionale delle ACLI, pochi minuti dopo aver appreso la notizia dell’uccisione di La Torre: “Chi riesce a muovere le cose, ad innescare processi che comunque cambino le cose, qualcosa, che siano unitari e collettivi, qui in Sicilia ha solo una risposta, che è il piombo, la sentenza di morte”.

Non crediamo che sia sempre così. Questa volta il potere mafioso ha lanciato una sfida troppo ardita e dubitiamo fortemente che quel movimento che esso tanto teme, possa fermarsi – piuttosto che intensificarsi – perché il compagno Pio La Torre è stato fucilato a tradimento.



fonte: http://www.terrelibere.it/latorre3.htm#base

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L'Espresso: uomo della 'ndrangheta infiltrato alle riunioni dell'Interpol

La pizzeria Da Bruno
La pizzeria Da Bruno

Un uomo vicino ai clan che si infiltra in una riunione di vertice dell'Interpol e visita scuole di polizia insieme ai ministri. Lo scrive il settimanale l'Espresso in edicola domani in un nuovo servizio dedicato alla 'ndrangheta dopo la strage di Duisburg e alle infiltrazioni delle 'ndrine in Germania.

Era il 1994 - scrive il settimanale - quando Spartaco Pitanti, oggi 61enne, si presentò a una conferenza internazionale dell'Interpol a Roma. Si parlava delle nuove metodologie per la lotta al traffico di stupefacenti, una riunione di superinvestigatori per smascherare il commercio internazionale di droga. In quella conferenza era entrato grazie al cartellino che aveva appuntato sulla giacca: interprete della "delegazione uzbeka".

Pitanti non era quindi né un poliziotto, né un magistrato. E soprattutto non era mai stato in Uzbekistan nella sua vita. In un certo senso era però un addetto ai lavori. Secondo i carabinieri del Ros e i servizi segreti tedeschi, Pitanti è "uno dei principali organizzatori del gruppo della 'ndrangheta calabrese, e in particolare quella di San Luca, che decidono di investire in Germania comprando ristoranti, pizzerie e alberghi nella zona di Duisburg ed Erfurt". La riunione di Roma per lui era una sorta di corso di aggiornamento. Da mettere a disposizione delle famiglie calabresi.

Nel rapporto informativo stilato tre anni fa dagli investigatori italiani e tedeschi sulla piovra della 'ndrangheta in Germania c'è un elenco infinito di nomi e cognomi che si ripetono, date di nascita di emigranti di criminalità organizzata e soprattutto il resoconto scientifico di come "i clan di mafia, dopo l'entrata in vigore della legge relativa ai sequestri di beni mafiosi, effettuano sempre più investimenti all'estero e in particolare in Germania".

La strage di Duisburg ha acceso i riflettori appunto sui capitali esteri delle famiglie calabresi. Secondo il dossier degli investigatori italiani e tedeschi, agli associati dei clan di San Luca appartengono in Germania 30 ristoranti, due hotel, tre ditte e due palazzine residenziali. Nella lista del rapporto è citato il ristorante "da Bruno", quello della strage. E c'è anche l'hotel Landhaus Misler, quello che ha ospitato gli azzurri ai Mondiali di Germania. Gli investigatori dicono che la rete dei clan della 'ndrangheta e' cresciuta fortemente nell'ultimo periodo, grazie al "forte potenziale di associati che possono essere impiegati per perpetrare qualsiasi tipo di reato.

Inoltre queste famiglie hanno commesso delitti che vanno dal traffico internazionale di stupefacenti e di armi alle estorsioni, ai sequestri di persona e alla ricettazione a livello internazionale di automobili. In particolare i giovani componenti delle famiglie, che naturalmente non hanno precedenti penali, sono il personale più adatto per coprire i fabbisogni delle basi logistiche all'estero". Sempre nel rapporto si legge che dopo l'arrivo in Germania di alcuni capi clan, a maggio del 1996, sono spuntati come funghi ristoranti di ottimo livello. "E come direttori o responsabili vengono impiegati esclusivamente persone legate da legami di parentela o associati al clan". Un ruolo importante lo assume proprio Spartaco Pitanti, toscano di nascita ma calabrese di adozione, nonché “interprete della delegazione uzbeka”.

fonte: http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsId=73334

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La Finanza ha 'scovato' 21mila lavoratori in nero



Più 13% rispetto ai primi otto mesi del 2006. Al Sud il 37% degli irregolari, con un 15% solo in Campania. Recuperate ritenute non versate per 114 milioni di euro, con un incremento del 26%


sicurezza nei cantieri Roma, 30 agosto 2007 - Le Fiamme Gialle nei primo 8 mesi del 2007 hanno 'scovato' oltre 21 mila lavoratori irregolari. L'importante operazione appena conclusa dalla Guardia di Finanza di Firenze, grazie alla quale è stata scoperta un'evasione contributiva di 9 milioni di euro perpetrata da 500 aziende della provincia di Prato, per lo più condotte da cittadini cinesi, offre lo spunto per un'analisi dei risultati conseguiti dalle Fiamme Gialle nel contrasto al «lavoro sommerso», con riferimento ai primi 8 mesi del 2007.

La Guardia di Finanza ha individuato, nel predetto periodo dell'anno, 21.384 lavoratori in nero e irregolari: un risultato superiore di oltre il 13% rispetto a quello conseguito nello stesso periodo del 2006 (18.898). Dal punto di vista territoriale, il «lavoro sommerso» è risultato maggiormente diffuso nelle Regioni meridionali, con il 37% delle posizioni irregolari complessivamente verbalizzate dalle Fiamme Gialle.

Di contro, nel Nord e nel Centro Italia la percentuale di lavoratori in nero ed irregolari si è attestata rispettivamente intorno al 31 e al 32%.


Le Regioni risultate più esposte al fenomeno sono state: nel Nord, la Lombardia (2.337 casi) e il Veneto (1.497 casi); nel Centro, il Lazio (2.819 casi) e le Marche (1.150 casi); nel Sud, la Campania (3.263 casi) e la Sicilia (1.500 casi). In assoluto, la Regione ove sono state individuate le maggiori irregolarità è la Campania (con il 15% dei casi), seguita dal Lazio (13%) e dalla Lombardia (11%).

Molti casi di «lavoro nero» e irregolare sono stati scoperti tra le attività di servizi alle imprese e manifatturiere, le attività alberghiere e di ristorazione, e le costruzioni.

Sotto il profilo dell'evasione fiscale, inoltre, le attività ispettive svolte dalla Guardia di Finanza hanno consentito il recupero di ritenute non operate e non versate sulle retribuzioni erogate «in nero» per oltre 114 milioni di euro, con un incremento del 26% rispetto all'analogo dato dell'anno scorso (più di 90 milioni).

Uno dei versanti operativi rispetto al quale la Guardia di Finanza sviluppa una consistente presenza ispettiva è quello del contrasto al lavoro sommerso, «un fenomeno che riguarda le imprese e i lavoratori autonomi che, pur rientrando nell'economia ufficiale, fanno ricorso a prestazioni lavorative rese al di fuori del prescritto perimetro normativo. Si tratta di una forma di illegalità assai dannosa perchè capace di incidere negativamente su più fronti. Il mancato adempimento degli oneri contributivi e fiscali, infatti, oltre che causare pesanti ricadute sul gettito erariale, consente alle aziende sleali di abbattere in maniera significativa i costi di gestione e, quindi, di offrire prodotti o servizi a prezzi particolarmente concorrenziali", dicono le Fiamme Gialle.

"Il lavoro irregolare, inoltre, risulta di frequente correlato ad altre forme criminali di più ampio spessore, tra cui, più in particolare, l'immigrazione clandestina - uno dei canali di alimentazione del lavoro nero - e le connesse forme di violenza e sfruttamento della manodopera. Molto importanti sono, inoltre, le implicazioni che il fenomeno in commento ha rispetto alle condizioni d'impiego dei lavoratori, spesso costretti ad operare in contesti ambientali privi dei necessari requisiti di sicurezza e salubrità", dice la GdF.

fonte: http://qn.quotidiano.net/2007/08/30/33413-finanza_scovato_21mila_lavoratori_nero.shtml

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Il mondo rischia di finire il cibo

Uno studio choc pubblicato dal quotidiano inglese The Guardian: il rebus biocarburi

Il cambio di destinazione provoca l'aumento dei costi delle derrate

Troppi campi dedicati al biofuel

Meno prodotti agricoli, sempre più cari. Aggiungete carenza d'acqua
disastri naturali e sovrappopolazione: è la ricetta per il disastro


dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI




LONDRA
- Da anni viviamo con l'incubo del riscaldamento globale. Ma un'altra minaccia, ancora più immediata, potrebbe essere la fame globale: sempre meno prodotti alimentari disponibili, sempre più cari, contesi da una popolazione terrestre sempre più grande, in un periodo già reso critico da risorse idriche sempre più scarse e da un clima sempre più imprevedibile. "La fine del cibo", riassume il titolo del Guardian di Londra, puntando il dito contro un fenomeno che sta accelerando il deficit alimentare: sempre più terre, in America e in Occidente ma anche nel resto del pianeta, finora utilizzate per coltivare prodotti agricoli, adesso vengono adibite alla coltivazione di biocarburi, come l'etanolo e altri carburanti "puliti", sia per ridurre l'inquinamento atmosferico, sia per ridurre la dipendenza dall'energia petrolifera di un esplosivo e instabile Medio Oriente. E' questo, sostengono gli esperti, il fattore scatenante dell'aumento dei prezzi del cibo. Aggiungendovi il declino delle acque, i disastri naturali e la crescita della popolazione, ammonisce il quotidiano londinese, si arriva a "una ricetta per il disastro".

Lester Brown, presidente della think-tank Worldwatch Institute e autore del best-seller "Chi sfamerà la Cina?", presenta così la questione: "Siamo di fronte a un'epica competizione per le granaglie tra gli 800 milioni di automobilisti del pianeta e i due miliardi di poveri della terra". Come in quasi tutte le sfide tra ricchi e poveri, non è difficile immaginare chi la stia vincendo.

Esortati dal presidente Bush a produrre entro dieci anni un quarto dei carburanti non fossili di cui necessitano gli Stati Uniti, migliaia di agricoltori americani stanno trasformando il "granaio d'America" in una immensa tanica di biocarburi. L'anno scorso già il 20 per cento del raccolto di granoturco Usa è stato usato per la produzione di etanolo, i cui stabilimenti raddoppiano di anno in anno. Una politica analoga è in corso un po' ovunque, dall'Europa all'India, dal Sud Africa al Brasile. Diminuendo la terra destinata alla coltivazione di grano, il prezzo del frumento è aumentato del 100 per cento dal 2006, e ciò sta portando ad aumenti da record dei prezzi dei generi di prima necessità: pane, pollo, uova, latte, carne.

Ad accrescere le preoccupazioni del dottor Brown c'è il boom demografico ed economico di Cina e India, i due giganti in cui vive il 40 per cento della popolazione mondiale: anche perché cinesi ed indiani stanno abbandonando la loro tradizionale dieta ricca di verdure a favore di un'alimentazione più "americana", che contiene più carne e latticini. Non tutti condividono gli scenari catastrofici. "Il Brasile ha 3 milioni di chilometri quadrati di terra arabile, di cui solo un quinto è attualmente coltivato e di cui solo il 4 per cento produce etanolo", dice il presidente brasiliano Lula. Ma le Nazioni Unite calcolano che la richiesta di biocarburi aumenterà del 170 per cento solo nei prossimi tre anni. Ci sarà abbastanza cibo per tutti? O presto verrà il giorno in cui dovremo scegliere tra una pagnotta e un pieno di biocarburi per la nostra auto?

(30 agosto 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/ambiente/cibo-nel-mondo/cibo-nel-mondo/cibo-nel-mondo.html

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Gli speculatori finanziari prendono di mira i beni alimentari
Tratto da Movisol www.movisol.org/07news130.htm


22 agosto 2007 (MoviSol) - I prezzi delle materie prime alimentari stanno crescendo rapidamente, anche a causa dei consigli dati da Goldman Sachs e altri speculatori, ad investire nei beni di origine agricola, zucchero, mais, grano e caffé.
I nodi vengono gradualmente al pettine. Un broker specializzato in questo tipo di investimenti, intervistato da Bloomberg.com ha detto che "pur in presenza di un tracollo globale, i beni agricoli non saranno influenzati poiché la gente continua a mangiare. Acciaio, ferro, nickel possono anche soffrire [un calo dei prezzi]. Ma la gente andrà comunque nei negozi per comperare pane e patate."
Dunque, gli stessi speculatori e direttori di hedge fund (tra i quali Marc Faber e l'ex socio di George Soros, Jim Rogers), che si sono resi responsabili dell'attuale collasso finanziario, sono dietro alla corsa al controllo delle risorse alimentari del pianeta, causando un aumento stratosferico dei relativi prezzi. In una e-mail del 16 agosto scorso, Faber ha scritto che i prezzi delle risorse agricole sono "attraenti", e ha consigliato i suoi clienti a investire in esse. Si sta già parlando, nell'ambiente dei broker, di un raddoppio del prezzo dello zucchero previsto nei prossimi mesi.

Quali sono le cause dell'iperinflazione globale delle risorse alimentari?
Un gallone di latte al dettaglio, negli Stati Uniti, è cresciuto di più del 15% in soli sei mesi ($3.29 a gennaio 2007 - $3.80 dollari a luglio 2007). Altri prodotti alimentari hanno subito degli aumenti del 50%. In Francia, i prezzi del latte sono cresciuti del 5-10%. Nel Paese che è massimo produttore di latte a livello europeo, la Germania , il prezzo del burro è cresciuto nel mese di luglio da €0,79 a €1,19, mentre quello del formaggio fresco del 40%. In Italia la De Cecco ha già annunciato un rincaro dei prezzi della pasta del 20% a settembre a causa del rincaro del prezzo del grano duro del 50%.
L'inflazione del latte è indicativa del paniere alimentare, che contiene anche farinacei, carni, dolciumi, ecc. Il tasso di inflazione sul cibo per il primo semestre del 2007 negli Stati Uniti supera il tasso annuo riscontrato nel 2006. Il Bureau of Labor Statistics prevede una crescita dell'8% in quest'anno nei costi sostenuti per l'alimentazione; tuttavia, si sa che l'ente statistico è solito sottostimare. Le organizzazioni di soccorso mondiali stanno riducendo le proprie forniture di cibo destinato all'assistenza degli affamati, poiché i loro fondi non sono sufficienti a comprare beni divenuti improvvisamente più costosi. Ad una conferenza sulla povertà tenuta a Manila agli inizi di agosto, s'è discusso infatti della minaccia di aumento delle vittime della fame.

Perché dunque, c'è iperinflazione?
I media, ormai sottoposti ad un controllo globale, cercano di far passare una giustificazione che si articolerebbe in due soli aspetti:

1) la responsabilità sarebbe della Cina, perché intenta a sottrarre dai mercati internazionali tutto il cibo disponibile, sia in termini di volumi, sia in termini di tipologie ("nuove" per i consumatori cinesi, abituali per noi: yogurt, e altri prodotti caseari);

2) la speculazione sul bioetanolo starebbe sottraendo dal mercato alimentare tutto il mais prodotto.

Tuttavia, anche se l'ordine "biasimate la Cina " riflette una realtà, e i biocarburanti sono un ottimo capro espiatorio, non si sta fornendo un'immagine completa dell'intero problema. La storia si compone anche di altri aspetti, alcuni dei quali sono:

a) Le riserve di grano a livello mondiale sono in constante declino da molti anni, da prima che prendesse piede l'idiozia dei biocarburanti. Le riserve di riso sono al loro minimo, considerando un periodo iniziato negli anni '70. Subendo i trattati GATT/OMC, le nazioni sono state costrette a porre fine alle loro politiche di accumulo delle riserve di frumento, per affidarsi invece ai "mercati mondiali".

b) I produttori di latte e latticini sono stati posti, progressivamente e in numero crescente, in condizioni di non poter più lavorare, osservando un incremento dei costi di produzione e un abbassamento dei prezzi imposti al loro latte fresco. In Francia, per esempio, a fronte di 3,8 milioni capi gestiti da circa 100000 allevatori, circa 5000 addetti ogni anno abbandonano l'attività, alla ricerca di lavori pagati meglio e meno pesanti. Al contempo, in giro per il mondo sono stati costruiti allevamenti e fattorie che ospitano lavoratori in condizioni di quasi schiavitù: Haiti e lo stato dell'Hidao sono due esempi di regioni selezionate per costituire la "fornitura globale" di cibo.

Il 12 marzo 2007 il senatore democratico Patrick Leahy del Vermont ha presieduto un'audizione concernente una "rete di sicurezza" per gli addetti al settore latticino-caseario, facendo notare che le fattorie non potranno sopravvivere a meno di prezzi equi per il latte da esse prodotte. Egli ha constatato che i costi sempre al rialzo dei carburanti e dei mangimi sono cause di fallimento di numerose attività.

c) Le multinazionali del cibo ADM, Cargill, Bunge, Kraft, ecc. stanno ricavando enormi profitti. Oltre che dall'impostura dei biocarburanti, i profitti derivano dalla speculazione sui passaggi commerciali. Di un dollaro pagato dal consumatore finale, il produttore vede poco e niente. Una pagnotta che al banco del forno costa due euro, contiene 6 centesimi di frumento. Se un tempo un allevatore riceveva il 60%-70% del prezzo pagato dal consumatore finale per il latte acquistato, ora riceve il 30%, e mentre scriviamo questa percentuale sta calando ulteriormente.

d) Un clima avverso, a fronte di un'agricoltura messa alle strette, significa carestia. In Australia la siccità quest'anno ha causato un calo di un miliardo di litri di latte. A livello mondiale, dei 620 miliardi di litri prodotti, soltanto il 7% è esportato, e la crescita dei prezzi è stata spettacolare: l'anno scorso il prezzo del latte in polvere è cresciuto dell'80%, mentre il burro industriale del 50%